Una ripresa con meno lavoro

Quanta disoccupazione nei prossimi anni?

Al di là di rassicuranti notizie sull’andamento nel secondo trimestre del PIL in Italia, rimane aperto il problema della crescita e della disoccupazione. L’esperienza di passate crisi dimostra che l’occupazione si adegua con ritardo all’andamento della produzione, ma, data la debole crescita e la caduta significativa della capacità produttiva, è possibile pensare di tornare ai livelli produttivi pre-crisi? Con quanta disoccupazione saremo costretti a convivere nei prossimi anni?
Due elementi aiutano a costruire uno scenario plausibile per i prossimi 12 mesi: 1) la reattività del mercato del lavoro; 2) l’adattamento strutturale di alcuni settori dell’economia.
Per ciò che riguarda la reattività del mercato del lavoro, secondo una recente analisi della Banca d’Italia i livelli dell’input di lavoro alla fine del 2011 sarebbero sostanzialmente più bassi rispetto al periodo precedente la crisi e viene stimato un calo dell’input di lavoro che si situa, rispetto al primo trimestre del 2008, tra il 4,8% (caso peggiore) e il 3,7 per cento (caso migliore che tiene conto della flessibilità del mercato del lavoro degli ultimi quindici anni).
Sul fronte dell’adattamento strutturale, il risultato principale dell’esercizio condotto con il Centro di ricerche Antares, sulla base dei dati Istat, è quello di avere individuato settori con andamenti ciclici e settori alle prese con problemi di carattere strutturale (una continua decrescita occupazionale sia in crisi che in ripresa). L’industria e il commercio, del Centro Nord, che rappresentano complessivamente il 48% del totale dell’occupazione delle 4 regioni, sono i due settori che fanno registrare, in media, una situazione generale di crisi strutturale. Ci sono tuttavia situazioni diverse di dinamica regionale, come si evince, ad esempio, dalle diverse velocità di contrazione dell’occupazione industriale in Emilia Romagna ed in Toscana (rispettivamente -4% e -10%). Ci attendono quindi livelli di disoccupazione mediamente più elevati di quelli pre-crisi, dovuti in particolare a situazioni di adattamento strutturale di alcuni settori e territori.

Qui lo studio Antares

Qui l'approfondimento sulle pagine del Sole 24 ore Centro Nord