Come spendiamo i Fondi UE?

Appunti sull'efficienza dei Fondi UE

Un recente intervento su Linkiesta ci ricorda che alla vigilia della partenza
di un nuovo periodo di programmazione di politiche strutturali europee,
il bilancio che si può trarre sui risultati e l’efficienza del funzionamento
dei Fondi Strutturali (FS) fin qui non è lusinghiero, in particolare come effetto
sulla crescita.

In termini di “macro-efficienza” è opportuno ricordare che si sta parlando
di risorse aggiuntive che giungono alle regioni ed ai territori per completare
(in teoria) altri investimenti di carattere nazionale e regionale. Che questo
effetto aggiuntivo spesso non sia stato rispettato soprattutto al sud è noto;
occorre però tenerlo presente perché la mancata correlazione con la crescita
aggregata potrebbe in effetti risentire di un mancato effetto aggiuntivo oltre
che della dinamica depressiva della crescita nell’ultimo decennio.

Ma è l’argomento della “micro-efficienza” che qui interessa affrontare.
La nuova fase delle Politiche regionali (2014-2020) così come configurata
a partire dall’"Agenda Barca", prevede un più attento uso di indicatori di
monitoraggio e valutazione. E l’esperienza recente di open-coesione
fa intravedere l’enorme passo verso una maggiore trasparenza a fini valutativi.

Un tema che tuttavia sembra fin qui catturare un minor interesse nel nuovo
processo di implementazioni delle politiche regionali è quello che riguarda
la dimensione e la scala territoriale degli interventi. E’ nota l’esistenza di
inefficienze di costo per le spese correnti e di investimento dei comuni sotto
i 5.000 abitanti. Così come è nota l’esistenza di diseconomie sopra una certa
soglia dimensionale per le città. È opportuno quindi pensare a politiche regionali
che operino anche con efficienza di scala
. Solo per fare un esempio: le spese
effettuate dai comuni in tema di efficienza energetica o agenda digitale sono
efficienti in termini di bacini di utenza?

Per iniziare ad esplorare l’argomento abbiamo preso in considerazione i dati relativi
alla spesa dei comuni a valere sul fondo FESR nel periodo 2007-2011
. Un primo
indicatore di frammentazione di spesa può essere costruito guardando 
al numero
di interventi sotto i 150.000 euro
 sul totale degli interventi proposti dai comuni,
per ciascuna regione. La fotografia che se ne ricava indica la presenza di
alcune regioni (Valle d’Aosta, Veneto, Lazio) con una elevata frammentazione
degli interventi.

E’ questa frammentazione collegata alla frammentazione amministrativa delle singole regioni ovvero numero dei comuni)? 

La risposta è negativa, essendo l’indice di correlazione molto debole lo si può verificare visivamente anche selezionando dalla igura sopra il Piemonte e il Friuli che sono le regioni  più elevata frammentazione amministrativa in Italia, ma che non sono i peggiori in termini di frammentazione progettuale).
Cosa può allora determinare la polverizzazione degli interventi?
Riteniamo che questa sia una domanda che necessiti di una sistematica analisi all’interno di tutta la progettazione FS.
A titolo di esercizio abbiamo però analizzato i progetti sotto i 150.000 euro di Valle d’Aosta e Veneto le regioni a più alta frammentazione progettuale) e la Calabria (la regione del sud  più alta frammentazione progettuale)

L’ indicazione principale che traiamo da tale esercizio è la seguente: non esiste un tema uniforme di investimenti tra le regioni che spinge verso la frammentazione. In Veneto il 78% dei piccoli interventi è motivato da acquisti di beni e servizi ai fini dell’Agenda digitale, In Valle d’Aosta il 96% da acquisti di beni e sevizi per la riqualificazione energetica; in Calabria un mix di interventi su cui prevale ambiente ed energia.

Il tema dell’inefficienza degli interventi di riqualificazione energetica su edifici pubblici
in Italia finanziati dal FESR è stato oggetto di una recente indagine della Corte dei Conti Europea. Una delle osservazioni critiche rileva che gli interventi di supporto finanziario alle azioni di riqualificazione energetica del settore pubblico
non sono stati elaborati sulla base del principio dell'efficienza di costo.
La Corte dei Conti non fa riferimento ad una eventuale efficienza di scala, ma piuttosto all'esigenza di assicurare un più solido collegamento tra gli investimenti e i piani di efficienza energetica a livello nazionale.

E' tuttavia importante chiedere se questi interventi avrebbero potuto essere realizzati attraverso una migliore efficienza di scala (ovvero con costi procapite per i cittadini inferiori). Le risorse destinate a quegli interventi avrebbero potuto
essere destinate ad un maggiore effetto aggiuntivo sul PIL locale e regionale?
Abbiamo già ricordato che anche questo tipo di prospettiva valutativa meriterebbe di essere presa in considerazione incrociando dati della spesa amministrativa con quelli della spesa aggiuntiva e effettuando anche
un’analisi di efficienza in chiave intercomunale o interterritoriale.

Il tema della scala è del resto già inserito nella nuova fase di programmazione in relazione alle politiche di intervento urbano (Metodi e obiettivi per un uso efficace dei fondi comunitari 2014 - 2020, pag. 27) dove si fa esplicito riferimento a:
"La resistenza delle classi dirigenti locali a disegnare coalizioni, unioni, strategie urbanistiche che superino le barriere di settore e gli attuali confini amministravi, spesso scavalcati dalla dimensione dei bacini d’utenza, riduce la capacità di far fronte
a questioni decisive di scala sovralocale in campo ambientale e su mobilità, sicurezza, housing sociale e nuovo welfare".

E’ un’indicazione che andrebbe rafforzata con indicatori ad hoc ed estesa a tutti gli interventi.