Il nuovo paradigma degli investimenti locali

Mi faccio un aeroporto o un'agenzia di sviluppo?

Guardando da vicino alcuni infuocati dibattiti di fine agosto sul futuro di alcuni investimenti a livello locale (qui il caso emblematico dell'aeroporto di Forlì la cui soluzione è stata resa ancor più urgente dalla recente riclassificazione Enac degli scali italiani - qui il nostro commento a proposito ), si scorge  l'inesorabile fine di un modello di sviluppo locale. Un modello che definiremmo dei "costi affondati. Si apre infatti, per i territori e gli attori locali, la stagione del "costo opportunità".

Il paradigma dominante delle politiche locali è stato fin qui quello di una strategia dei “costi affondati”. Cioè il discorso era: poiché sono entrato in questo investimento (e non voglio metterlo in discussione, dato anche in certe aree l'ampio consenso politico dietro all'investimento) vado avanti costi quel che costi. Alcuni investimenti erano azzeccati per scala economica e per potenzialità di sviluppo, altri meno, ma il paradigma dei "costi affondati" (e la disponibilità di risorse locali) proteggeva l'investimento in una logica spesso "localistica".

Il costo opportunità in economia significa il valore della migliore alternativa tralasciata. Cosa abbiamo tralasciato negli ultimi anni che sarebbe potuto accadere in alternativa? Ma ancora più urgente cosa non vogliamo assolutamente tralasciare nei prossimi anni all’interno di un portafoglio ideale di sviluppo del territorio con risorse limitate?

Il dilemma di oggi è dato dal fatto che taluni investimenti affondati occorre metterli in questione, salvaguardando però un orizzonte di potenziale sviluppo al territorio. Attenzione però alla situazione in cui si tende a salvare l’investimento per il semplice fine di giustificare la strategia dei costi affondati di cui sopra.

E’ una fase di scelte. Le sorti del capitalismo municipale (e di alcune partecipate in particolare) pongono seri dilemmi in una prospettiva di costo opportunità che però non sono mai stati affrontati in tale veste.

L’ultimo anno segna, in questo, un passaggio epocale sia per la crisi ancora in atto, sia per l’inasprimento ai limiti della sopravvivenza per le risorse agli enti locali.

Non è forse opportuno che ad un certo punto che le strategie di un territorio (ad esempio il tema della gestione dello sviluppo urbanistico, quello del marketing territoriale e quello del consolidamento del polo di conoscenza universitario) convergano dentro un unico piano?

La situazione non è né tecnicamente né politicamente semplice. Esige una strategia condivisa con ritorni economici certi.

E qui occorre che la tecnica incontri la politica, ovvero che soluzioni tecniche percorribili si sposino a visione lungimiranti e condivise del futuro a livello locale.

E' cambiato il paradigma degli investimenti locali? Se si come è possibile affrontarlo in chiave territoriale? Con quali strumenti?