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La competitività delle regioni europee PDF Stampa E-mail

Le regioni italiane in cerca di un sistema

La recente pubblicazione del Regional Competitiveness Index (RCI) dell’Unione Europea, consente di aggiornare la fotografia sullo stato dello sviluppo a livello di aree territoriali in Europa. La notizia che è più risuonata nei media italiani è l’assenza tra le prime 100 regioni europee di una regione italiana. La prima ad apparire in classifica è la Lombardia al 128° posto.

A ben guardare dentro la costruzione metodologica dell’indice, appaiono alcuni elementi di riflessione interessanti per le politiche regionali nel nostro paese.

L’indice di competitività è costruito sulla base di tre sub-indicatori: la struttura socio-economica di base ed istituzionale della regione; l’efficienza regionale in termini di mercato del lavoro; l’innovazione. L’indice complessivo è una media aritmetica dei tre sub-indicatori. Nella figura qui sotto la composizione dell'indice RCI di competitività per macro-temi.

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Una prima riflessione deriva dalla costruzione metodologica del primo blocco di indicatori (quello del sistema base e istituzionale) in cui è possibile distinguere un effetto regionale da un effetto di sistema nazionale. Questo grazie all’uso incrociato di indicatori di livello regionale sulla qualità della governance (una enorme banca data desunta da una rilevazione con più di 34 mila cittadini europei su 172 regioni) con dati della banca Mondiale e del World economic forum. Ebbene, il ranking delle principali regioni italiane (in termini di qualità delle istituzioni) peggiora significativamente con l’aggiunta dell’effetto paese. Ciò vale ad esempio per il Veneto (che peggiora il proprio score del 67%), per l’Emilia Romagna (che peggiora del 79%) e la Lombardia (che peggiora del 40%). Di fronte ad un evidente effetto “zavorra” sulle regioni del Nord, l’effetto paese non sposta invece la posizione, già molto arretrata, delle regioni del Sud.

Sappiamo che il peso della qualità istituzionale sullo sviluppo è fondamentale. Le regioni a maggiore potenziale in Italia si ritrovano dunque frenate anche da una bassa qualità media delle istituzioni nazionali. Tornare seriamente a ragionare in termini di un federalismo responsabile in chiave europea potrebbe aiutare.

La seconda riflessione è sulla capacità delle regioni italiane di agire in chiave di sistema territoriale interregionale. Su questo aspetto da anni è in atto una interessante esplorazione di spazi di convergenza e progettualità, soprattutto in tema di ricerca e innovazione.

Un esame da noi condotto dei punteggi assegnati alle regioni del Nord ai tre elementi che compongono l’indice complessivo (istituzioni, efficienza del mercato del lavoro e innovazione) rivela che esistono disomogeneità (nella tabella qui sotto sintetizzabili con la deviazione standard dei punteggi regionali) per ciò che riguarda l’efficienza del mercato del lavoro, ma soprattutto per gli aspetti di innovazione.

Punteggio delle regioni del Nord Italia nel EU competitiveness Index (scomposto per elementi di composizione)

 

 
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 L’agenda europea regionale a partire dal 2014 si basa su un esplicito richiamo alle capacità territoriali (logica “place based” + approccio “smart specialisation"). Il lavoro da compiere a casa nostra su questa agenda è quindi anche di forte coordinamento interregionale delle azioni che verranno intraprese per lo sviluppo, cercando di correggere con una scala più ampia le esternalità del sistema paese.

 

  

 

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