La Cina vista da vicino
Xiang che ci accompagna dall’hotel
alla stazione per una manciata di renminbi, racconta che la sua famiglia di
agricoltori deteneva diritti su una parte di terra intorno a Fogang, città di
300.000 abitanti prevalentemente agricola, nella provincia del Guangdong. Pochi
anni fa hanno deciso di cedere questi diritti a degli investitori per la
costruzione di una grande catena di alberghi. E’ così che il loro tenore di vita si
è elevato. Si sono potuti permettere una macchina di media cilindrata.
Benvenuti nella Cina del XXI secolo in cui il valore della terra è una
variabile non secondaria per valutare il potenziale di crescita di intere aree
del paese.
Lee, amministratore delegato presso una grande azienda che produce impianti
di illuminazione, 1000 addetti a 100 km da Shenzen, si è potuta permettere l’anno
scorso di acquistare una casa di circa 80 mq in un complesso residenziale
destinato a quadri e dirigenti di azienda, pagando 1,5 mio di renminbi, la metà
del prezzo di un appartamento simile a Shenzen (11 mio di abitanti), dove ormai
i costi sono tra i più alti della Cina, comunque una cifra inarrivabile per l’operaio
medio cinese. Benvenuti nella Cina del XXI secolo in cui i costi di congestione
delle grandi agglomerazioni urbane stanno ormai determinando una seconda ondata
di urbanizzazione che probabilmente porterà nel giro di qualche anno a nuove e
imponenti città.
Xu, operaio della Foxconn, nota per essere l’azienda che assembla gli i-phone,
vive con circa 300 dollari di stipendio al mese a cui si aggiunge l’alloggio
che riceve dallo stato. Non è tra gli stipendi più bassi della Cina. Benvenuti
nella Cina del XXI secolo in cui la forchetta di diseguaglianza tra i pochi
benestanti e il resto della popolazione è ormai alle soglie della tolleranza
anche per un paese non abituato a grandi dimostrazioni di intolleranza.
Guidando lungo la strada che
collega Shenzen con Donguuan è tutto un
cantiere. Gru ovunque e palazzi o alberghi in costruzione. E’ la Cina degli
investimenti in capitale fisso.
Una recente analisi del
Fondo Monetario Internazionale guarda con apprensione ai livelli di
investimento in capitale fisso avvenuti nell’ultimo decennio In Cina e che
sicuramente sono stati resi possibili a svantaggio delle famiglie e delle
imprese cinesi che in qualche modo hanno “finanziato” questo boom di infrastrutture
e alberghi, a svantaggio dei consumi che rimangono ancora molto bassi (circa il
40% del PIL; in Europa e negli USA i consumi rappresentano il 70% del PIL). Il
Fondo Monetario Internazionale parla di “over investment”: il classico
principio “inizia a costruire i clienti arriveranno”, un modello che in passato
ha causato le grandi crisi asiatiche della metà degli anni ’90; in Cina la
situazione è diversa solo perché non si fa affidamento su finanziamenti
esterni; è una crescita ampiamente finanziata dall’interno. Il sistema di
credito ha favorito questo facilitando gli investimenti senza tanti controlli
sulla redditività di capitale.
Siamo oggi nel 2013 forse ad
uno storico spartiacque del modello di sviluppo che ha caratterizzato la Cina
negli ultimi 40 anni e fortemente dipendente sull’export e sugli investimenti
in capitale.
Nel suo libro sulle
possibili linee di faglia di future crisi globali, Raghuram Rajan indica insieme
ad altri possibili elementi di deflagrazione anche il basso livello dei consumi
delle famiglie cinesi, dovuto sia all’elevato livello di risparmio per fare
fronte ad un welfare assente, sia a causa di redditi ancora molto bassi, frutto
dell’alta offerta di manodopera proveniente dalle campagne
Se la nuova dirigenza del
partito che si insedia a Marzo 2013 con il nuovo leader Xi Jinping saprà
cogliere questa nuova sfida di sviluppo interno è difficile predirlo ora. Ci sono
segnali di una rinnovata volontà di incanalare il modello di sviluppo verso una
maggiore sostenibilità; il governo sembra anche intenzionato a stringere l’accesso
facilitato al credito per timore di inflazione.
Il 2012 si è rilevato un anno di contrazione seppur lieve
dell’economia cinese. Le stime finali di crescita si attestano tra il 7,5 e il
7,7. La previsione per il 2013 è di risalita grazie anche ad una ripresa dell’export
verso la UE già avvenuta nella seconda metà dell’anno scorso.
In una fase di perdurante contrazione della crescita e della domanda in Europa, continuiamo a
guardare con apprensione e interesse a questo motore dell’economia mondiale. L’effetto
volano dei consumi interni difficilmente può agire da stimolo al nostro export,
almeno nel medio periodo. Tuttavia, la grande transizione dell’economia cinese,
se mai dovesse avvenire nei prossimi anni, probabilmente inciderà anche nella
composizione dell’export e dell’import a livello globale, obbligando i paesi
occidentali ad affinare maggiormente le proprie strategie di crescita
tecnologica e qualitativa dei prodotti.
Nel frattempo si intensificheranno probabilmente le
azioni di investimento da parte di imprese cinesi in Europa. Ci sono già esempi
di imprese rilevate in Italia.
E’ impossibile attendersi una soluzione ai problemi
economici europei dalla Cina nel breve periodo. Ma occorre tenere presente la
transizione che il gigante vivrà nei prossimi anni, se si vuole cercare di
ampliare l’accesso a quel mercato. C’è ad esempio tutta una attività di
potenziamento dei canali di distribuzione del Made in Italy che andrebbe affrontata
in una logica di “sistema Italia”. Parte importante della nostra ripresa
dipende anche da questi percorsi di valorizzazione globale.
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