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Equità e efficienza nelle politiche di genere

La questione di genere è una questione di equità ed efficienza e come tale si iscrive a pieno titolo nell’ambito delle politiche di sviluppo.

Sono state diverse la scorsa settimana le iniziative che, in Italia, hanno prestato attenzione al tema della partecipazione delle donne nel mercato del lavoro e al tema della disparità tra uomini e donne nell’accesso a carriere imprenditoriali e dirigenziali.

A Milano si è svolto un incontro sul tema della leadership declinata al femminile. A Bologna si è svolta una giornata di studi e elaborazione di proposte in tema di imprese femminili e politiche per facilitarne lo sviluppo.

Da questo ultimo incontro, promosso dalla Provincia di Bologna e in particolare dall’Assessorato Pari opportunità, sono emerse, alcune importanti considerazioni per pensare a politiche nazionali e regionali di riduzioni di disparità di genere.

Il problema è di equità e di efficienza perché da una parte richiama una più equa ripartizione del lavoro familiare e quello remunerato tra uomini e donne, e dall’altra perché è sempre più spesso ricordato come una maggiore partecipazione delle donne al mercato del lavoro, rappresenterebbe un volano straordinario di crescita nel nostro paese, in un drammatico momento di fosche previsioni  della situazione economica nei prossimi anni. Aperto è il dibattito sugli strumenti di incentivo per una maggiore parità e conciliazione dei tempi.

Il problema del ritardo nella partecipazione delle donne al lavoro rispetto agli uomini è grave nel nostro paese, soprattutto a causa degli alti tassi di inattività femminile al sud, ma è comunque un problema anche in molti paesi OCSE, anche di quelli come i paesi scandinavi che presentano elevati tassi di attività femminile.

Una seconda prospettiva su cui si è sin qui poco riflettuto riguarda il ruolo delle donne nei mestieri e nelle professioni della cosiddetta economia della conoscenza. Nel 2011 è stato pubblicato un volume che raccoglie alcuni studi (qui uno di questi) su questo tema e dove si ricorda che la partecipazione delle donne ai mestieri ad alto tasso di conoscenza è concentrata soprattutto nei servizi (professionali, di insegnamento, ad esempio) ma poco nei servizi high-tech (di ricerca ad esempio). Mentre, l’economia della conoscenza sembra ridurre il gap gerarchico che esiste nelle posizioni dirigenziali tra uomini e donne, sembra che non annulli i problemi che esistono nella riconciliazione dei tempi lavoro e famiglia tra uomini e donne. Quindi anche nell’evoluzione verso la società della conoscenza persiste un problema di divario. E questo è un piccolo paradosso dato che la quota di laureate è superiore a quella degli uomini in molti paesi, compreso il nostro.

Le testimonianze raccolte nel seminario di Bologna dimostrano che nel mondo delle imprese e delle professioni  le donne hanno raggiunto situazioni di parità, talvolta superando numericamente gli uomini (come nel caso di talune professioni nella provincia di Bologna) e generando situazioni di  crescita nel numero di imprese e di tenuta dell’occupazione superiore ai numeri dei maschi. Del resto è ormai comprovato che le imprese femminili generano anche più valore (in termini di redditività).

Restano però due ordini di problemi: uno che potremmo definire di carattere organizzativo, per cui si potrebbe pensare a formule di partecipazione delle donne al lavoro sfruttando le nuove tecnologie della comunicazione più di quanto non avvenga oggi; l’altro di ordine culturale, per cui esistono situazioni di grande disomogeneità tra territori di una unica regione in termini di partecipazione delle donne al lavoro e aree economicamente più tradizionali con meno densità urbana e meno possibilità di accedere a lavori nel terziario avanzato determinano situazioni di minore partecipazione femminile (ma il tema avrebbe bisogno di approfondimenti perché le aree ad economia tradizionale sono nel centro nord anche quelle con ricchezza diffusa e questo potrebbe essere un amplificatore del ritardo culturale).

Il tema del ruolo delle donne nelle professioni  ha richiamato anche quello del ruolo delle donne nell’economia della creatività. Esistono studi che dimostrano che le imprese femminili usano maggiormente le tecnologie della comunicazione, ma non esistono studi empirici che ci dicano quanto più creative siano le imprese femminili. Invece potrebbe essere interessante pensare ad una esplorazione in tal senso perché ciò potrebbe offrire interessanti indicazioni anche sull’organizzazione degli ambienti di lavoro nelle imprese femminili.

Il seminario di Bologna ha lanciato anche tre gruppi di lavoro (Ricerca e trasferimento tecnologico, Creatività, Reti d’imprese) che restituiranno le loro considerazioni alle istituzioni locali a gennaio.

Le politiche regionali e locali sono in questo senso molto importanti, ma la questione del divario di genere nel suo essere una questione di equità ed efficienza ha bisogno di essere al centro anche di un nuovo programma di politiche nazionali.

 

  

 

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