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Lo spread,  le nostre banche e il territorio

Con lo spread oltre i 400 punti, il grido di allarme lanciato dal Presidente di  Intesa San Paolo, palesa l’estrema e pericolosissima vulnerabilità del rapporto debito e banche nel nostro paese.

La fuga odierna dai nostri titoli di stato è la palese evidenza dell’onda di pessimismo che sta investendo l’eurozona, le banche e il nostro paese in particolare. Una profezia di disastro che si sta avverando;  su cui ovviamente la scarsa credibilità di cui gode il paese incide moltissimo.

Il sistema bancario italiano è  sotto pressione per: 1) la perdita di fiducia da parte dei mercati, 2) le esigenze di ricapitalizazione ribadite dalle UE; 3) l’esposizione che le banche detengono verso il debito sovrano italiano.

Perché l’andamento dello spread è collegato con le banche? Uno spread alle stelle ha un impatto negativo sulle banche, perché queste sono investitori istituzionali e investono in titoli di Stato, ma con il prezzo che scende, scende anche il loro capitale.

Si ma quanti titoli di Stato possiedono le banche?

Per Intesa San Paolo che vanta la più alta quota di titoli di stato (oltre 60 miliardi), i titoli sono circa due volte il capitale; per Unicredit (quota di titoli di Stato oltre 49 miliardi) i titoli sono 1,4 volte il capitale. Rapporto invece molto pericoloso quello che fa registrare Monte Dei Paschi (quota di oltre 32 miliardi), ma con una “leva” rispetto al capitale di ben 4,5 volte (fonte WSJ). 

L’Italia è inoltre il paese della periferia Euro con la maggior quota di debito sovrano detenuta dalle banche (si veda: BusinessInsider)

Chi detiene il nostro debito? Un rapporto della Morgan Stanley di qualche mese fa fissava al 56% la quota di debito detenuta da soggetti nazionali (quota un po’ più alta del dato ufficiale di Banca d’Italia perché Morgan Stanley calcola anche il debito offshore detenuto da Italiani). Sul debito complessivo gli intermediari finanziari italiani e esteri pesano per un 31%. La quota delle banche italiane (comprendendo la quota della banca d’Italia) è intorno al 19%.

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Una simile composizione espone il paese a rischi soprattutto se dovessero verificarsi “fughe” dai nostri titoli delle banche estere (come è avvenuto la scorsa estate) e come si sta verificando anche nelle ultime ore.

Per avere un’idea della vulnerabilità del sistema, occorre tenere conto che le banche italiane sono esposte verso i nostri titoli per una quota che è il doppio rispetto ad altre banche europee (fonte The Economist).

Ecco dunque che l’esposizione delle nostre banche verso il nostro debito rende la situazione di avvitamento dell’area euro e la fuga dei mercati due elementi molto allarmanti.

Cosa ne sarà degli impieghi verso le famiglie e verso le imprese? A queste condizioni e stando a quello che di fatto è stato già un effetto di inasprimento delle condizioni di erogazione da parte delle banche negli ultimi mesi, la situazione che si prospetta potrebbe essere di ulteriore inasprimento.

L’impatto del deterioramento del rendimento dei titoli di stato sulla situazione del credito a livello territoriale è stata ben descritta da questo resoconto del Wall Street Journal di qualche giorno fa sulla crisi che sta colpendo la Fondazione Monte dei Paschi di Siena,  a causa della perdita di redditività della banca Monte Dei Paschi e nel tentativo della Fondazione di mantenere il controllo sulla banca locale e salvaguardare il proprio ruolo di ente a sostegno delle politiche del territorio.

E’ una situazione estrema, perché in altri territori la situazione delle partecipazioni bancarie può essere più diversificata e sottoposta quindi a minori pressioni. Ma ciò non toglie che la situazione complessiva del nostro sistema bancario mette a repentaglio anche l’ultimo appiglio possibile che si poteva intravedere per il sostegno agli investimenti locali.

E’ chiaro che date queste condizioni è difficile pensare a meccanismi  che possano permettere alle imprese di accedere più facilmente al credito (tipo meccanismi istituzionali che possano permettere di abbattere la richiesta di garanzie reali dietro prova di progetti innovativi, sostenibili e ad alto rendimento nel futuro). Anche se è lungo questa strada che occorre ripensare a politiche di carattere regionale e locale.

E’ chiaro che in questo momento le banche tendano a invocare interventi per salvare se stesse.

E’ chiaro che però politiche credibili a livello nazionale e soprattutto una maggiore dose di politiche economiche europee (ed anche nuove politiche della BCE) aiuterebbero a scongiurare la catastrofe.

 

AGGIORNAMENTO 1 Novembre:

O forse è troppo tardi??

 

  

 

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